SABATO 3 LUGLIO, h 16:00
Dopo la guerra di Valona del 1920, che costrinse gli italiani ad abbandonare il piano di annessione e colonizzazione del Sud dell’Albania iniziato alla fine del 1914, presso i governi di Roma prevalse l’idea che per ottenere benefici politici ed economici dal Paese vicino non si dovesse usare la forza, ma la penetrazione “pacifica”. L’Italia fascista fece propria questa tesi e nel periodo interbellico continuò la politica colonialista dei governi precedenti riuscendo ad ottenere enormi concessioni per lo sfruttamento delle risorse locali e, a partire dagli anni Trenta, ad impiantare coloni. L’Albania fu crescentemente sottoposta all’influenza politica e culturale dell’Italia, ancor prima di venire annessa nell’aprile del 1939. Il film, girato poco dopo l’annessione, è un decalogo della propaganda colonialista. Gli albanesi sono dipinti con una serie di stereotipi negativi e positivi, alcuni dei quali durano ancora oggi. In analogia a discorsi recenti, gli albanesi sono caratterizzati come persone affascinate dalla cultura Italiana. L’Albania sembra perlopiù popolata da gente fiera e onesta ma troppo limitata dalle proprie tradizioni che rendono il Paese primitivo, sebbene pittoresco e non privo di valori morali. La razzializzazione dei personaggi segue la logica del disegno politico coloniale. Alcuni albanesi parlano con l’accento solitamente attribuito ai “neri” per enfatizzare il grado di arretratezza genetica che caratterizzava il Paese. Altri, come i membri dell’aristocrazia locale, fedele all’Italia, parlano con un accento “corretto”. L’Italia si pone come l’agente che salva gli albanesi dal proprio governo e dalla propria cultura, la quale condanna gli uomini alla violenza e le donne alla segregazione.
Regia: Carlo Campogalliani
Anno: 1940
Durata: 1h 18m
Produzione: Italia
Genere: Drammatico
Lingua: Italiano